Questo versetto intende dimostrare l’unicità di Dio nelle azioni[i] e negare l’indipendenza del Profeta (S) da Dio nell’essere e negli aspetti dell’essere. Esso non è pertanto in contraddizione con i versetti che attribuiscono il soggetto delle azioni, l’intercessione, ecc., col permesso e il volere di Dio, al Profeta (S) stesso e ci ordinano di rivolgerci ai devoti di Dio e al Profeta (S); infatti la sua intercessione, l’esaudire le nostre richieste e il guarire i malati, come tutte le altre sue azioni, sono continuazione dell’agire divino e vengono compiute col permesso e il volere di Dio.
In realtà, il Profeta (S), con questo versetto e altri simili, nega una sua possibile pretesa di divinità o sovranità, al contrario dei cristiani e dei ghali, che credono rispettivamente nella divinità del profeta Gesù (A) e dell’imam Alì (A), o coloro che considerano propri signori i padri della Chiesa e preferiscono le loro regole a quelle di Dio. Sebbene ci sia stato ordinato di rivolgerci a queste nobili persone e di rispettarle, non dobbiamo mai innalzarle al livello di divinità o sovranità e considerarle sullo stesso piano di Dio. Inoltre, abbiamo l’obbligo di seguire l’esempio del Profeta (s) e considerare la nostra esistenza e le perfezioni un dono divino per non montare in orgoglio.
[i] Cioè Dio è l’unico soggetto da cui provengono le azioni e tutte le azioni, anche quelle umane, non possono essere commesse senza il Suo permesso.
Il versetto 49 della sura Yunus (10) e altri versetti simili negano solo l’indipendenza del Profeta (s) da Dio nella sua esistenza e nell’essere l’unico soggetto delle sue azioni. Quando viene negata questa indipendenza riguardo alla più importante creatura dell’Universo, essa viene negata anche per gli altri esseri umani e le altre creature.
Questo versetto è una spiegazione dei versetti 64, 79, e 80 della sura Ali 'Imran (3), che nega che i veri Profeti di Dio (a) abbiano avuto pretese di divinità o sovranità e proibisce alla gente di avere simili credenze.
In questo versetto, il Profeta (s) invece di presentarsi come il soggetto e padrone assoluto e indipendente delle sue azioni, con pretese di divinità o sovranità, considera tutti i suoi aspetti esistenziali dipendenti da Dio, citando come esempio il danno e il profitto, per la loro essenzialità nelle azioni umane; infatti, lo scopo della maggior parte degli individui nelle loro azioni è trarre profitto ed evitare il danno. In ogni caso, tutti gli aspetti esistenziali di tutte le creature, tutte le loro azioni e perfezioni provengono da Dio, non solo il profitto e il danno.
La sostanza dell’unicità di Dio nelle azioni e nelle caratteristiche (cioè che tutte le perfezioni esistenziali sono doni di Dio e Lui solo è la perfezione assoluta e la fonte della perfezione) è che l’essere umano consideri se stesso, le sue perfezioni, il suo potere e le sue azioni appartenenti a Dio. Egli non deve considerare se stesso o altri la fonte, e se ottiene un bene:
- Non si comporti come Qarun che pensava di essere lui l’unico soggetto di tutte le sue azioni e diceva: “Ho ottenuto tutto ciò grazie alla scienza che possiedo”[1].
- Non sia come gli egizi che pensavano fosse tutto in mano ad altri e credevano nella divinità e sovranità del Faraone[2].
- Non sia come il Faraone e Namrud che pensavano di essere i padroni e gridavano: “Sono io il vostro signore, l'altissimo”[3].
- Non pensi che esso proviene da altri e Dio associati, senza che il primo sia un intermediario di Dio, e non dica: “Prima Dio, e poi il tale hanno risolto il mio problema”, altrimenti in questo caso sarà un politeista e non un monoteista! In ogni situazione deve ringraziare Dio che gli ha donato la capacità, la forza o una perfezione, o gli ha risolto una difficoltà per mezzo di uno dei suoi intermediari.
Ed è questa la lezione che questo versetto e altri simili vogliono darci: il Profeta (s) è per gli esseri umani un nobile esempio, affinché più si innalzano spiritualmente, più aumenti la loro conoscenza e umiltà verso Dio e più di prima siano riconoscenti dei doni divini[4].
Perciò questi versetti, che negano la divinità e la sovranità indipendente del Profeta (s) non sono in contraddizione con quelli che ci ordinano di rivolgerci a lui per fare le nostre richieste, risolvere i nostri problemi, chiedere la guarigione o l’intercessione, ecc., o che dimostrano queste loro facoltà; infatti, nei primi è negata l’indipendenza e nei secondi, l’agire degli esseri umani è una continuazione di quello divino e avviene con il Suo permesso. Allo stesso modo i miracoli del profeta Gesù (a) vengono attribuiti a lui, però specifica la condizione “con il Mio permesso”[5] per negare l’aspetto divino e l’indipendenza che altri gli attribuiscono.
Dobbiamo quindi prestare attenzione a non ritenere essi stessi la fonte, indipendente da Dio, delle loro azioni e atti miracolosi, e, seppur rispettandoli, dobbiamo considerarli altro rispetto al Creatore e dipendenti da Lui, essendoGli riconoscenti e Suoi servi.
Fonti per l’approfondimento:
Javadi Amoli Abdollah, Mara'el-e akhlaq da Qor'an, Nashr-e Esra', Qom.
Allamah Tabatabai Mohammad Hosseyn, Barresiha-ye eslami, Nahsr-e hejrat, Qom, pp. 269-277.
Cfr. Tafsir al-Mizan e altri tafsir, concernenti i versetti 10:49, 3:64-79-80.