Please Wait
6866
- compartecipazione
Uno degli argomenti che hanno sempre coinvolto l’essere umano in discussioni è quello riguardante l’anima e la sua realtà. La domanda sopraccitata deriva dalla questione: la realtà dell’essere umano è questo suo corpo materiale e apparente? O al di là di esso vi è qualcosa che non possiede caratteristiche materiali e ha invece un aspetto sacro? Se così fosse, questa cosa sarebbe materiale o immateriale, e quale sarebbe la sua fine dopo la morte del corpo?
La risposta a questa domanda può essere elaborata sottoforma di un sillogismo per giungere a una conclusione logica.
Prima premessa: l’anima, che è la realtà dell’essere umano, è immateriale e altro rispetto al corpo.
Seconda premessa: tutto ciò che è altro rispetto al corpo, ossia è immateriale, non soggiace né al sonno né alla morte, in altre parole, è eterno.
Conclusione: l’anima non soggiace né al sonno né alla morte.
Per approfondire l’argomento è necessario analizzare due premesse separatamente.
1. I motivi dell’immaterialità dell’anima
Premessa del ragionamento
L’essere umano possiede due tipi di percezione:
a) Le percezioni che necessitano degli organi di senso, come il volume e il colore dei corpi.
b) Le percezioni che non esigono questi organi come gli stati interni e psicologici, per esempio la collera, la paura e l’Ego.
Poiché nelle percezioni sensibili sussiste la possibilità di errore, a volte l’essere umano sbaglia, mentre nelle percezioni del secondo tipo è impossibile errare; infatti nella conoscenza intuitiva non vi è errore come in quella acquisita, perciò l’essere umano oltre al corpo materiale possiede anche un altro aspetto.
2. L’Ego è immateriale o è il corpo stesso?
Per i seguenti motivi l’Ego è immateriale[1]:
a) Percepiamo il nostro Ego con la conoscenza intuitiva, al contrario del corpo, cioè l’anima per percepire se stessa non richiede alcun mezzo, poiché percepisce se stessa con la conoscenza intuitiva.
b) L’Ego mantiene la propria unicità e identità durante tutta la vita dell’essere umano, al contrario del corpo che cambia.
c) L’Ego è inscindibile, al contrario del corpo che è composto e scindibile, invece l’anima non è divisibile nemmeno con la separazione dal corpo.
d) Gli stati spirituali come i sentimenti e la volontà sono inscindibili e privi di estensione, che sono caratteristiche della materialità, quindi il loro soggetto dev’essere immateriale.
e) Ogni cosa sotto l’influenza di un ente del proprio tipo diventa più forte e sotto l’influenza del proprio contrario più debole. L’anima in seguito alle percezioni corporali s’indebolisce ed evitandole, orientandosi verso la spiritualità, si rafforza, quindi l’anima è altro rispetto al corpo ed è immateriale[2].
f) Secondo il parere unanime di tutti gli scienziati medici ed empirici, tutti gli individui, invecchiando, s’indeboliscono, quando invece, nello stesso arco di tempo, la loro facoltà spirituale si rafforza (in rapporto inverso: più s’indebolisce il corpo, più si rafforza la facoltà spirituale). La facoltà intellettiva non è pertanto materiale e non s’indebolisce nemmeno durante la vecchiaia; sebbene la facoltà che è nel corpo, o ne ha bisogno, s’indebolisce, però le percezioni razionali pure, che non hanno legami col corpo, e le abitudini spirituali fisse, si rafforzano[3].
g) Le caratteristiche e le influenze dell’anima sono diverse da quelle del corpo, tra cui:
i. Il corpo prende una sola forma che è limitata, mentre l’anima può prendere più forme e illimitate (più forme prende più diventa forte).
ii. Il corpo non può recuperare sprovvisto di mezzi una forma persa, mentre l’anima è in grado di recuperare una forma persa senza l’utilizzo di mezzi materiali; infatti l’anima per perfezionarsi ha solo bisogno di se stessa (anche se comunque contingente), al contrario del corpo, perciò il livello dell’anima è più elevato di quello del corpo[4].
h) L’anima umana percepisce la generalità, per esempio, comprende il concetto generale di “essere umano” condiviso da tutti gli individui e poiché è un concetto generale, dev’essere separato da concetti quali forma e colore per essere posseduto da tutti gli individui (altrimenti se avesse una forma o un colore particolare apparterebbe a un individuo solo); poiché tutti i filosofi condividono l’esistenza di questi concetti generali, essi non sono presenti nella realtà materiale (infatti ciò significherebbe avere caratteristiche particolari, che non sarebbe compatibile con la generalità), perciò esistono nella mente e la loro sede è immateriale, perché se fosse materiale, anche il concetto dovrebbe esserlo, perdendo la sua generalità. Di conseguenza il posto del concetto non è materiale, ma è una sostanza immateriale chiamata anima, che deve a sua volta essere immateriale e non ha bisogno di un luogo, infatti, solo la materia ha bisogno di occupare uno spazio[5].
i) Se l’essere umano si trova in uno stato di equilibrio fisico e anche il clima sia mite, si distrarrà dal proprio corpo e dagli oggetti che lo circondano, se invece si concentra, ritroverà se stesso[6].
j) Riflettere sulle questioni intellettive indebolisce il corpo e rafforza l’intelletto, quindi l’anima è altro rispetto al corpo; infatti una cosa non può essere allo stesso tempo causa dell’indebolimento di un’entità e causa del suo rafforzamento, per questa ragione l’intelletto non possiede caratteristiche materiali[7].
I motivi dell’immaterialità dell’anima nelle fonti scritte
Nel Corano sono citati molti versetti che sostengono l’immaterialità dell’anima, ne riportiamo solo tre:
1. Nei versetti 12-14 della sura al-Mu’minun (23) è descritta la creazione dell’essere umano: egli è stato creato dall’argilla, in seguito da un embrione, fino a diventare un essere umano completo. In seguito dice che gli è stata donata un’altra creazione, e, considerando che il termine “creare” era già stato utilizzato, è chiaro che qua si fa riferimento a un altro tipo di creazione e l’essere umano acquisisce una caratteristica che non aveva negli stadi precedenti, la sua essenza cambia da quella anteriore. Siccome gli stadi precedenti erano materiali, questo nuovo aspetto dovrà necessariamente essere immateriale. Poi Dio si congratula con Se stesso proprio dopo aver donato questo nuovo e più nobile aspetto all’essere umano; se invece si fosse congratulato per le sue caratteristiche materiali, anche le altre creature le possiedono, ma Dio non si è mai congratulato con Se stesso per la loro creazione.
2. Nei versetti 31-33 della sura al-Baqarah (2) è riportato che ad Adamo (a) furono insegnati i Nomi: secondo il parere degli esegeti, ciò significa che Dio possiede delle manifestazioni e ogni creatura è una manifestazione di un Nome, per esempio gli angeli sono la manifestazione del Nome “Onnisciente”, invece l’essere umano è la manifestazione di tutti i Nomi divini, e poiché è migliore degli angeli, è più motivato ad essere immateriale, quindi se gli angeli, che sono la manifestazione di un Nome divino, sono immateriali, anche l’essere umano, che è la manifestazione di tutti i Nomi divini, dovrà essere immateriale. Se l’essere umano possedesse solo un aspetto materiale, significherebbe che il corpo, che è infimo rispetto alle cose immateriali, è la manifestazione dei Nomi divini, quando invece gli angeli sono la manifestazione di un solo Nome divino, e questa è una contraddizione, poiché vorrebbe dire che l’essere umano è allo stesso tempo inferiore e superiore agli angeli.
3. I versetti 154 della sura al-Baqarah (2) e 169 della sura Ali 'Imran (3) riportano: coloro che vengono uccisi sulla via di Dio, non sono morti, sono ancora vivi e provvisti presso il loro Signore; ciò si concilia solo con l’immaterialità dell’anima. Infatti, con il martirio il corpo muore e dal punto di vista materiale non c’è differenza tra morte e martirio. Inoltre non è solo una prerogativa dei martiri, poiché ci sono anche uomini probi e Profeti (a) che occupano un rango più elevato dei martiri. Se si dicesse che con il martirio avviene un mutamento nell’essenza (da materiale diventa immateriale), ciò è impossibile, poiché ciò che è materiale e non ha la potenzialità di diventare immateriale, come potrebbe diventare immateriale con il martirio? Inoltre, se le anime dei martiri fossero materiali e provviste presso il loro Signore vorrebbe dire che anche Dio è materiale, poiché la materialità necessita di un luogo in cui stare e quel luogo dev’essere a sua volta materiale. Anche i sogni dove i defunti comunicano notizie che poi si rivelano veritiere, l’evocazione degli spiriti e i prodigi dei devoti confermano la teoria dell’immaterialità dell’anima[8].
La permanenza dell’anima dopo la morte
In modo riassuntivo, citiamo alcuni dei motivi che confermano la permanenza dell’anima dopo la morte:
- Se una creatura intraprende un percorso ascendentale ed esce dalla natura, non è più soggetto all’estinzione e all’annullamento. La materia procede nel suo percorso ascendentale fino all’ultimo stadio possibile, in seguito l’anima abbandona il corpo, diventando una creatura immateriale, indipendente dalla materia ed estranea alla natura. Perciò l’annullamento non la soggioga, poiché è una caratteristica della materia; infatti nella materia è presente potenzialità e finché c’è potenzialità, c’è materia. Quando finiscono le potenzialità, che si trasformano in atto, la materia si avvia all’estinzione, mentre l’anima, che dopo la separazione dalla materia, non ha più le sue caratteristiche, diventa eterna. Solo in un caso è possibile l’annullamento dell’anima: nel caso dell’annullamento della causa agente, che è impossibile.
Spiegazione: la causa agente è l’anima o l’essere necessario (Dio) oppure un essere che risale all’essere necessario. Nel primo caso, poiché l’anima è legata alla sua origine ed è inscindibile, senza che ci sia nessuna composizione e potenzialità in essa, tutta la sua essenza è legata all’essere necessario ed è il legame stesso; essendo l’annullamento impossibile all’origine, esso non potrà soggiogare nemmeno la sua conseguenza, secondo un'ovvia legge filosofica, secondo cui è impossibile che vi sia la causa e non la conseguenza (allo stesso modo che è impossibile che vi sia la conseguenza ma non la causa). Nel caso in cui la causa non sia l’essere necessario, deve risalire ad esso, poiché qualsiasi cosa che non sia un essere necessario è conseguenza e contingente, quindi deve risalire all’essere necessario, altrimenti si creerebbe un circolo vizioso, che è stato provato essere impossibile. Quindi risalendo all’essere necessario, secondo il ragionamento sopraccitato non è assoggettato all’annullamento.
- L’anima, fino a quando è legata all’amministrazione del corpo, possiede movimento e quindi mutamento (ascendente o discendente); dopo essersi liberata dal corpo, invece, non ha più movimento e nemmeno mutamento, rimanendo quindi stabile ed eterna.
Non tutte le anime raggiungono l’immaterialità intellettiva e alcune rimangono in quella immaginale, che è comunque sufficiente per la loro permanenza. Per questo alcuni sapienti sostengono anche la permanenza delle anime degli animali, che possiedono capacità di immaginazione.
- Argomentazione basata sulla saggezza divina
La creazione non è futile e senza scopo, ma è basata su saggezza poiché il suo creatore è saggio. Nonostante il Creatore dell’Universo sia indipendente assoluto, poiché non ottiene nessun vantaggio dalle proprie azioni – dipendenti e indipendenti, ciò non è incompatibile col fatto che lo scopo del Creatore sia il raggiungimento della perfezione delle proprie creature, come dice il Corano, l’essere umano è stato creato per adorare Dio e raggiungere la perfezione attraverso la sottomissione. Perciò l’universo, in quanto saggia creazione, è impossibile che non abbia uno scopo e raggiungendolo non si arrivi alla perfezione: l’attuazione di questo scopo è certa. Secondo ciò che dice il Corano, non vi è dubbio riguardo alla resurrezione e al Giorno del Giudizio, infatti, Egli è il creatore degli esseri e domina su di essi, perciò nulla può impedire al mondo di raggiungere la sua perfezione e poiché è impossibile raggiungere la perfezione senza i mezzi necessari, il Creatore Saggio ha dotato le creature di questi mezzi e la perfezione si realizzerà con il raggiungimento dello scopo finale. L’anima deve pertanto essere eterna; prima di tutto perché l’annullamento non è conciliabile con la perfezione e, secondo, raggiungere la perfezione e poi annullarsi sarebbe un’azione inutile, incompatibile con la saggezza del Creatore.
- Argomentazione basata sulla giustizia
Non tutti gli individui obbediscono agli ordini divini, i Profeti (a) di Dio hanno sempre avuto dei nemici e oppositori, inoltre di norma la società si suddivide in due gruppi: i probi e i malvagi e oppressori. I primi pensano solo a Dio e a compiere buone azioni, considerando il servigio alle creature il loro primo dovere, mentre i secondi sono sempre impegnati ad opprimere, corrompere e deviare gli altri. Nonostante ciò né l’oppressore viene punito né i probi vengono premiati e anche se l’oppressore fosse punito in questo mondo, la pena non sarebbe adeguata alle azioni malvagie che ha compiuto e, in molti casi, le ricompense mondane per le azioni probe non ripagano alla pari le azioni stesse: ciò è una particolarità del mondo terreno. Deve quindi esserci un altro mondo dopo di questo e un’anima, origine dell’umanità, che dopo essersi separata dal corpo vi si stabilisce e riceve il risultato delle proprie azioni. Se dunque pure l’anima, come il corpo, morisse, le azioni degli individui rimarrebbero senza risposta e ricompensa, e ciò è sgradito e impossibile a un Creatore Saggio poiché inconciliabile con la giustizia; infatti giustizia significa “dare a ogni detentore di diritto il suo diritto”, e ciò non avverrà se non con la permanenza dell’anima.
Motivazioni della permanenza dell’anima in base al Corano e agli hadìth:
- Dal versetto 42 della sura al-Zumar (39) si deduce che Dio trattiene le anime dei morti in un mondo particolare, testimone di ciò è l’utilizzo del verbo “tawaffi” che significa prendere completamente. Perciò dopo questo mondo, l’anima non si annullerà.
- Nel versetto 154 della sura al-Baqarah (2) e 169 della sura Ali 'Imran (3) Dio dice che coloro che sono stati uccisi sulla via di Dio, non sono morti, sono vivi e ben provvisti presso il loro Signore.
- Nei versetti 45 e 46 della sura al-Ghafir (40) Dio proferisce che la punizione scende sul Faraone e sui suoi seguaci mattina e sera, e il Giorno del Giudizio subiranno il castigo più severo; ciò significa che l’anima permane, poiché un essere che si annulla non può subire un castigo e non sarebbe diverso da un oggetto inanimato. Quindi la realtà dell’essere umano è altro.
È bene inoltre citare le considerazioni di alcuni grandi filosofi:
- Ibn Sina (Avicenna) riguardo alla permanenza dell’anima sostiene che non essendo l’anima formata nel corpo, ed essendo solo un mezzo per raggiungere la perfezione di cui si è degni, con la morte, in cui si perde il corpo, l’anima non subisce danno; infatti l’anima non ha essenzialmente bisogno della materia e i filosofi sono concordi nel sostenere che essa è essenzialmente immateriale, ed ha solo momentaneamente bisogno del corpo. Quindi con l’annullamento della materia, l’anima non si annullerà.
Egli, in altro luogo, afferma che essendo l’anima legata all’intelletto in atto, quando perde il corpo, che è un mezzo per l’anima, non subisce danno; infatti l’anima cogita su se stessa attraverso se stessa, senza mezzi. Primo, l’immaterialità dell’anima è stata provata, secondo, in base a una regola filosofica ogni cosa immateriale che cogita su se stessa attraverso se stessa, possiede conoscenza intuitiva di sé e non percepisce solo se stessa ma anche le altre cose immateriali.
- Molla Sadra, fondatore della filosofia trascendentale, sostiene che l’anima, dopo aver ottenuto delle perfezioni, arriva a uno stadio in cui non ha più bisogno del corpo, quindi si separa da esso e torna alla sua origine, in cui raggiunge una beatitudine altrimenti impercettibile col corpo. Inoltre egli afferma che più è forte il legame tra anima e corpo, meno percepirà se stessa e più si allontanerà da esso; si percepirà meglio e con la morte questa percezione raggiungerà il suo livello di perfezione.
È necessario specificare che nonostante le motivazioni sopraccitate confutino la morte dell’anima, però da esse si può anche dedurre che nemmeno il sonno soggiace l’anima; infatti il sonno è un livello inferiore della morte, la differenza fra i due è che con la morte il legame tra anima e corpo è completamente interrotto e l’anima, dopo aver raggiunto la perfezione di cui è degna, abbandona il corpo. Invece col sonno questo legame non s’interrompe completamente, s’indebolisce solo, si può dire che in questo lasso di tempo l’anima non usufruisce del corpo se non minimamente. Quanto detto è confermato anche dal seguente hadìth: “Il sonno è fratello della morte”[9].
Per dimostrare che l’anima non si addormenta si può menzionare un’altra spiegazione: all’inizio dell’articolo è stato provato che l’anima è immateriale e altro rispetto al corpo e alla materia, inoltre sappiamo che il sonno serve a recuperare le forze e riposarsi, e queste sono caratteristiche del corpo. Quindi l’anima non si addormenta e, secondo l’opinione di alcuni ricercatori, il corpo si addormenta per recuperare le forze che ha perso in seguito allo sfruttamento che ne ha fatto l’anima.
[1] Ibn Sina, Isharat, terzo e settimo namat, Iran; Allamah Helli, Sharh tajrid, ed. di Beirut, secondo maqsad; Molla Sadra, Asfar, ed. di Beirut, vol. 9, cap. 1, pag. 260.
[2] Majlesi, Bihar al-Anwar, ed. di Beirut, vol. 58, bab 42, pag. 17; Ma'ad az Didghah-e Emam Khomeini (ra), pag. 38; Molla Sadra, Asfar, ed. iraniana, vol. 8, pag. 295.
[3] Allamah Helli, Sharh tajrid, secondo maqsad, cap. 4, questione 5.
[4] Molla Sadra, Asfar, ed. iraniana, vol. 8, pag. 302; Majlesi, Bihar al-Anwar, ed. di Beirut, vol. 58, cap. 42, pag. 18.
[5] Allamah Tabatabai, Nihayat al-Hikmah, terzo livello, pag. 34.
[6] Ibn Sina, Isharat, ed. iraniana, terzo khat, primo cap., pag. 292.
[7] Molla Sadra, Asfar, ed. iraniana, vol. 8, pag. 295; Majlesi, Bihar al-Anwar, ed. di Beirut, vol. 58, cap. 42, pag. 18.
[8] Majlesi, Bihar al-Anwar, ed. di Beirut, vol. 58, cap. 42, pag. 6; Ma'ad az Didghah-e Emam Khomeini (ra), pag. 50.
[9] Mostafawi Hasan, Misbah al-Shari'ah, trad. Mostafawi, pag. 181, cap. 44 riguardo al sonno.